A partire dal 2011 l’innalzamento dello spread ha causato un considerevole aumento del costo del credito per imprese e famiglie italiane. Il legame diretto tra il differenziale aggiuntivo tra rendimenti dei Btp italiani e dei Bund tedeschi a 10 anni e l’aumento dei tassi di interesse applicati ai finanziamenti è cosa risaputa e preoccupante, come è stato confermato anche da recenti studi condotti dalla Banca d’Italia e da Confindustria. A rafforzare i risultati di tali indagini giunge ora un’analisi di CRIF Decision Solution, che ha preso in considerazione dati a partire dal secondo semestre 2011 in avanti.
Il sistema di informazioni creditizie di CRIF rappresenta una base statistica di notevole importanza, raccogliendo milioni di posizioni creditizie, sfruttate in questo caso per effettuare una stima del costo reale dell’innalzamento dello spread sui prestiti erogati a nuclei familiari e imprese, ottenuta elaborando un modello econometrico appositamente studiato e applicato a un campione rappresentativo degli uni e delle altre.
Secondo gli analisti CRIF le famiglie, nel periodo di impennata dello spread, sono state costrette a pagare circa il 4% in più per il rimborso delle rate del mutuo. Volendo quantificare, si tratta di circa 290,00 € all’anno in più, considerando il caso di un finanziamento da 100.000,00 € per l’acquisto di un immobile con piano di ammortamento di 20 anni. Solo la forte contrazione dei volumi erogati di mutui residenziali durante il periodo in cui lo spread è salito in modo più consistente (Luglio 2011-Gennaio 2012) ha ridotto l’incidenza degli oneri derivanti.
Il mercato immobiliare è risultato in grave difficoltà sia nel 2011 che nel 2012, tanto che nel 2011 la percentuale di immobili residenziali acquistati ricorrendo a un mutuo è risultata essere del 42,4%, in lieve calo rispetto al 43,4% del 2010. Nel secondo trimestre dell’anno in corso, secondo le elaborazioni della Bussola Mutui CRIF-MutuiSupermarket.it, si è avuta una riduzione del 25,3% delle compravendite di case in rapporto allo stesso periodo del 2011, attribuibile anche alla flessione di richieste ed erogazioni di mutui.
Gli analisti CRIF hanno stimato in 15 miliardi di euro in più il costo degli oneri finanziari sostenuti dalle imprese nel 2011 rispetto al 2010, attribuibile proprio all’effetto spread. Questo ha finito per determinare anche una riduzione dal 22% del 2010 al 28% del 2011 dei margini operativi lordi, con conseguenze anche sugli utili, tanto che il Roe (dall’inglese Return On Equity, ndr), vale a dire l’indice di redditività del capitale, è diminuito all’1,1% nel 2011 dal 3,2% dell’anno precedente.
Secondo Silvia Ghielmetti, Direttore di CRIF Decision Solutions, l’ampliamento del differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi ha avuto un impatto particolarmente rilevante per le PMI che: “…hanno dovuto bruciare ingenti risorse a causa dei maggiori oneri finanziari e si sono trovate obbligate a contrarre gli investimenti, penalizzando soprattutto quelle realtà meno in grado di sostenere la concorrenza internazionale”.
Interessante notare come il modello econometrico studiato da CRIF Decision Solution abbia consentito di elaborare una proiezione riguardante le risorse aggiuntive di cui l’economia italiana avrebbe potuto disporre se i valori dei tassi di interesse, aumentati a causa dello spread, si fossero mantenuti sugli stessi livelli dell’inizio del 2011, considerando invariate le altre variabili.
Ecco quindi che nel 2012 si sarebbe potuto avere un aumento di 2,8 miliardi di euro (+0,3% su base annua) relativo ai consumi delle famiglie e di 1,2 miliardi di euro (+0,5% annuo) riferito agli investimenti fissi lordi delle imprese.
Da ciò si evince che l’innalzamento dello spread, nei periodi di studio considerati (2011 e parte del 2012), è costato all’economia italiana ben 4 miliardi di euro!
Fonte dati: www.crif.it
Data articolo: 20/11/2012